Altamura, 26 ottobre ’14
Mi è capitato spesso, in un
passato anche recente, di ragionare, di interrogarmi sullo stato di salute del
giornalismo altamurano, ritrovandomi ad estendere la mia analisi per consonanze
a quello che è oggi il giornalismo in Italia.
A quali logiche risponde un
giornalista quando redige un articolo? A quelle del proprio pensiero, della
propria coscienza, della verità fattuale, oggettiva?
Mi sono posto i medesimi
interrogativi leggendo il pezzo di Lucia Calia su Cava Pontrelli nel numero di
ottobre del mensile “Free”, e ho provato a immedesimarmi in chi, completamente
a digiuno rispetto all’argomento impronte di dinosauri, si sia trovato ad
attingere da quella fonte tutta una serie di notizie, di informazioni,
elaborate le quali abbia potuto formulare un convincimento proprio.
Confesso che la mia posizione,
rapportata a quella del lettore ignaro, è una posizione privilegiata, poiché la
vicenda Cava Pontrelli la seguo da diverso tempo e attivamente, insieme a
Francesco Fiore e a tutto il Movimento Culturale Spiragli. Ma è un privilegio
che non abbiamo acquisito per unzione, né per predestinazione o induzione dall’alto;
semmai per impegno, dedizione e partecipazione. Perché tutto il Movimento
Culturale Spiragli ha scelto di dedicare la propria vita ad una battaglia
civica che era doveroso combattere, specie al cospetto di una diffusa latitanza
delle istituzioni e della società civile altamurana.
Questo status di privilegiato, di chi conosce i fatti poiché ad essi ha
partecipato, spesso favorendoli, mi impone di evidenziare, in particolar modo a
beneficio del lettore ignaro, tutta una serie di considerazioni, di
inesattezze, di falsità presenti nell’articolo della giornalista Lucia Calia,
la quale sembra scrivere all’interno di uno iato, di una interruzione spazio-temporale,
di un immenso buco nero, deliberatamente o incoscientemente ignorando i fatti
che si sono estrinsecati e susseguiti nel corso degli ultimi anni.
Fatti che non si possono omettere
se si vuole offrire una ricostruzione chiara e oggettiva della vicenda Cava
Pontrelli, perché diversamente si corre il rischio di fare negazionismo invece
che giornalismo.
Chiedendosi diligentemente, Lucia
Calia, cosa sia accaduto dal 1999 -anno della scoperta delle impronte- ad oggi,
e rispondendo a se stessa “Nulla”, pronuncia
un assunto mostruoso, aberrante, surrettizio, giacché omette di dire che a fine
luglio del 2011 Francesco Fiore, Bartolomeo Smaldone e Antonio Ferrante
costituirono un comitato dal nome “ Restituiamo al mondo la Cava dei dinosauri
di Altamura”, e che quel comitato fece immediatamente partire una petizione
pubblica on line che nel giro di pochi giorni, in piena estate, raccolse miglia
di firme da tutto il mondo.
E quando, sempre Lucia Calia,
afferma che “per tutti questi lunghi anni l’espropriazione per pubblica utilità
non è stata predisposta”, mente spudoratamente, perché omette di dire che, in conseguenza di quella
petizione, l’allora Sovrintendente ad interim per i Beni Archeologici della
Puglia, Antonio De Siena, rilasciando un’intervista al quotidiano la Gazzetta
del Mezzogiorno, disse pubblicamente e per la prima volta che lo Stato si
sarebbe impegnato ad avviare la procedura espropriativa.
Omette di dire che il 17 ottobre
del 2011 la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, in riscontro a
una nota del Comitato del 15 settembre dello stesso anno, notificò a me
personalmente, con il protocollo numero 13564 l’avvio della “procedura di
esproprio delle aree circostanti la paleosuperficie con impronte di dinosauri ,
già immessa nei Beni del demanio con D.M. 7/12/2000”.
Omette di dire che, a seguito
dell’avvio della procedura espropriativa, il Comitato si sciolse, e in quello
stesso istante il Movimento Culturale Spiragli decise di continuare a seguire
la vicenda Cava Pontrelli, consapevole che sarebbe stato necessario monitorare
e sollecitare lo Stato, affinché ottemperasse all’impegno preso.
Omette di dire che il 10 dicembre
del 2012 il Movimento Culturale Spiragli propose e organizzò, presso la Sala
Consiliare del Comune di Altamura, “Cava Pontrelli, le ragioni di un’attesa”,
il primo convegno dedicato alla cava dei dinosauri; convegno al quale presero
parte tutti gli attori protagonisti dell’annosa e triste vicenda -compresa la
proprietà-, e a seguito del quale si delineò ancora più chiaramente il ruolo
che ognuno di essi avrebbe dovuto avere nella risoluzione della questione.
Lucia Calia continua a praticare
la strada della reticenza allorquando afferma che “non si è fatto nulla per
sottrarre le orme al deterioramento degli agenti atmosferici”, così tacendo che,
da sempre, il nostro Movimento ha
denunciato lo stato di degrado in cui versava e versa la paleosuperficie e ha
richiamato la Soprintendenza alle proprie responsabilità in materia di tutela e
salvaguardia delle impronte, giungendo finanche a chiedere la rimozione dal
proprio incarico della dottoressa Francesca Radina, direttrice del Centro
Operativo per l’Archeologia di Bari, allorché quella, il 22 giugno del 2013, in
una intervista rilasciata al TG3 Puglia, dichiarò che le orme erano in buone
condizioni e che venivano continuamente monitorate.
Nel suo inattendibile e
grossolano tentativo di offrire ai lettori una sommaria ricostruzione dei
fatti, la signora Calia fa riferimento a degli incontri che ci sarebbero stati
tra Comune, Direzione Regionale per i Beni Culturali, Soprintendenza ai Beni Archeologici
e Regione Puglia, dimostrando, anche in questa circostanza, il suo fare
giornalismo in maniera abborracciata, omettendo di dire che, quelli che lei
chiama “incontri”, sono stati in verità dei veri e propri tavoli tecnici
chiesti alla Regione Puglia dal Movimento Culturale Spiragli e svoltisi il 30
luglio e il 17 dicembre del 2013 a Bari, presso la sede della Regione, e il 12
febbraio del 2014 presso il Comune di Altamura.
A ciascuno di quei tavoli tecnici
abbiamo preso parte per ribadire sempre e con maggiore fermezza la necessità
che si procedesse in tempi rapidi con la procedura espropriativa e che si
adottassero le misure necessarie a garantire la salvaguardia delle impronte,
predisponendo, contestualmente, un progetto di recupero delle stesse.
È stato proprio durante uno di
quei tavoli tecnici che si è prospettata l’eventualità che il Comune di
Altamura mettesse a disposizione le somme necessarie a riconoscere alla
proprietà della Cava il giusto indennizzo. Da lì ha avuto impulso e ha preso corso
tutto l’iter che ha portato il Consiglio Comunale di Altamura, il 22 luglio
scorso, ad approvare all’unanimità dei presenti la delibera che di fatto ha
passato le consegne al Ministero per i Beni e le Attività Culturali perché
scrivesse la parola fine a una triste storia, vecchia più di tre lustri.
Quando poi, la giornalista, si rende conto, forse, di aver mosso le sue
parole tra le nebbie più fitte, chiede ausilio (non si capisce bene perché, o
forse sì) al Presidente del Consiglio Comunale, Nico Dambrosio, il quale riesce
nell’impresa apparentemente impossibile di essere ancora più inattendibile,
impreparato, fuorviante e approssimativo della signora Calia, e riesce a farlo
dall’alto della sua posizione, della sua carica istituzionale, che pure dovrebbe
metterlo nella condizione di conoscere bene i fatti.
Così non è, perché il Presidente
Dambrosio inanella un filotto impressionante di fandonie, e lo fa con una terminologia che metterebbe
in imbarazzo anche il più turpe degli uomini della strada.
Intanto si preoccupa di
comunicare alla giornalista che sulla questione Cava Pontrelli non ci sono
novità, e ciò in parte deve aver confortato la signora Calia, che udendo quelle
parole deve essersi sentita un po’ meno sola nella pratica della reticenza.
Poi, non pago, parla di un
probabile accordo tra il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la
proprietà “venendo meno il quale comporterebbe l’attuazione di un decreto
ministeriale per l’esproprio” (cito testualmente la Calia).
A quale accordo segreto si
riferisce il Presidente del Consiglio Comunale? La procedura espropriativa è
una procedura coatta, non una trattativa tra lo Stato e i privati cittadini.
Ma non è questo il dato più
sconcertante; non è questo l’aspetto più inquietante del non contributo dato
alla comprensione della vicenda da Nico Dambrosio. Dalle sue parole si evince
in maniera inequivocabile che la procedura espropriativa –ricordiamolo con
fermezza, coatta e ormai giunta al suo ultimissimo atto- sarebbe subordinata al
buon esito di un accordo, e quindi non esclusa da questo. Il che vuol dire,
traducendo e semplificando, che, se l’accordo salta, c’è sempre l’opzione
esproprio. Teorema abominevole. È un po’
come pretendere di vedere a Como il Duomo di Milano.
Se a questo punto dell’articolo
credete di aver toccato il fondo, preparatevi al peggio, perché è qui che
quella tra Lucia Calia e Nico Dambrosio diviene una gara a chi la spara più
grossa.
Il Presidente del Consiglio Comunale,
in preda a un raptus delirante, infatti dichiara: “ C’è che il Ministero ha il
potere ed il Comune i soldi ma non le competenze dirette sul bene.” Mi
complimento, signor La Palice; è evidente che il Comune avrà le competenze
dirette sul bene soltanto quando sarà conclusa la procedura espropriativa. E aggiunge: “Non vi è certezza, ma dovrebbero
aver avviato le procedure espropriative.” Ma come, la procedura espropriativa
non era stata avviata il 17 ottobre del 2011? Il Presidente di un Consiglio
Comunale queste cose dovrebbe saperle bene.
E invece, no. Nico Dambrosio è
all’oscuro di tutto. Di tutto, tranne che di una cosa. E qui si fa solenne: “Mi
rammarico per il fatto che è mancata la volontà di esperire tutti i tentativi
previsti. Quando in passato la proprietà ha proposto una soluzione, non si è
vista la stessa come una strada percorribile. Non vi è, d’altronde, mai stato
un accordo vero e proprio, ed il Consiglio Comunale non è mai stato messo in
condizione di esprimersi.” Confesso che a questo punto ho fatto fatica a
trattenere le lacrime. Generalmente i tentativi si esperiscono davanti a una
partita di angurie, non certo se in una proprietà privata vengono rinvenute
trentamila impronte di dinosauri del cretacico superiore: per quelle esiste
l’istituto dell’esproprio, o, in caso di magnanimità, la donazione. Di certo
non la perequazione, ovvero la strada che avrebbe suggerito di percorrere la
proprietà della Cava, non riuscendo, per fortuna, nel suo intento, dal momento
che, su di essa, il Consiglio Comunale, deo gratias, non è mai stato messo in
condizione di esprimersi. Cosa che invece ha fatto, anche con il voto di
Dambrosio, il 22 luglio del 2014, scrivendo una delle pagine più significative
nella storia della città di Altamura.
Per riprendere da dove eravamo
partiti: a quali logiche risponde un giornalista quando redige un articolo? E a
quali un politico nell’esercizio delle proprie funzioni?
Non sarà forse che, in taluni
casi, le logiche che sottendono l’uno e l’altro operato sono le medesime?
Bartolomeo Smaldone
Movimento Culturale Spiragli