Mi chiamo Eufemia Abbiuso,
ma potrei chiamarmi Salvatore Cannito, o Chiara D’Ambrosio, oppure Tommaso
Pignatelli, o ancora Stefano Lorusso, e la sostanza di quello che sono non
cambierebbe, perché io sono il mio sogno; un sogno comune a tutti quelli che
fanno parte del Movimento Culturale Spiragli: che un giorno, non troppo
lontano, Altamura diventi e sia universalmente riconosciuta come la città della
Cultura.
Il nostro territorio
ha tutti i requisiti per poter nutrire legittimamente una simile aspirazione;
il nostro passato, la nostra storia, anche quella più recente, soprattutto
quella più recente, ci insegnano come l’adesione totale, incondizionata a certi
ideali possa condurre gli uomini anche a compiere gesti estremi per lanciare un
ponte di speranza verso il futuro.
Senza la presenza,
qui, dell’Università degli Studi non avremmo probabilmente avuto il nostro
1799. Non avremmo dato stoicamente il nostro contributo a quello che fu in
seguito il risorgimento italiano e il processo di unificazione del nostro
Paese.
Non sarebbe divenuta
Altamura, dopo Brescia, la seconda Leonessa d’Italia.
La Cultura rende gli
uomini liberi, favorisce lo sviluppo di una coscienza critica, di una
autodeterminazione che porta ogni singolo individuo, nel rispetto delle
regole, a prendere decisioni in piena
autonomia senza temere alcun tipo di coercizione, né morale, né di autorità, né
di sistema.
La Cultura ci permette
di riconoscere la Bellezza e ci anima dello spirito necessario a difenderla
strenuamente dagli attacchi di chi, abbacinato dal materialismo più becero, non
coglie la preziosità dei cosiddetti contributi immateriali: quelli che possono
darci la contemplazione di un quadro, l’ascolto assorto di un’opera musicale,
la visione di un film, la partecipazione rapita ad un’opera teatrale, la
lettura meditata di un libro.
La Cultura è un
risultato; la diretta conseguenza di una serie di processi per attivare i quali
è necessario utilizzare gli strumenti che l’Arte, in tutte le sue declinazioni,
mette a nostra disposizione.
È a quel risultato che
noi dobbiamo ambire, poiché quel risultato ne genererà altri, come in una
reazione a catena: uno su tutti l’intollerabilità della bruttezza,
dell’ingiustizia, del sopruso.
Siamo convinti che
l’unico modo possibile per rifondare radicalmente questa società è quello di
puntare tutte le nostre risorse, tutte le nostre energie sulla Cultura. Il che
non vuol dire solo piantare dei semi nella speranza che essi attecchiscano per
poi fiorire. Cultura, infatti, vuol dire anche abitare responsabilmente un
luogo, e ciò implica che l’uomo di Cultura non possa non assumersi la
responsabilità di cambiare le sorti del “luogo in cui vive”, anche se tale
assunzione di responsabilità comporta inevitabilmente dei rischi, perché per
cambiare le cose non si può evitare lo scontro con i poteri forti che hanno
invece interesse acché gli equilibri restino imperturbati.
È in quest’ottica, in
quest’ultima accezione di Cultura che è nitidamente comprensibile e
riconducibile l’operato di Spiragli e la battaglia che il nostro movimento
culturale porta avanti da quasi due anni. Perché in un contesto illuminato dal
sole altissimo della Cultura, mai e poi mai si sarebbe chiamato problema ciò
che in qualsiasi altra parte del mondo avrebbero chiamato opportunità. Mai e
giammai si sarebbe permesso che il sito paleontologico più importante d’Europa
restasse abbandonato in uno stato di degrado.
In un contesto
illuminato dal sole altissimo della Cultura tutti, dai governatori della Città
agli imprenditori, dai professionisti agli operai, dalle massaie agli impiegati
delle poste, avrebbero avuto la visione chiara, ineccepibile, inequivocabile
della rivoluzione economica e sociale che avrebbe potuto rappresentare Cava
Pontrelli. Una rivoluzione che avrebbe prodotto un benessere generale,
largamente diffuso, contrariamente all’attuale, eccessiva concentrazione di
ricchezza nelle tasche di pochi a discapito di tanti.
Usavamo prima il
termine “battaglia” per riassumere il nostro impegno per Cava Pontrelli. Si
badi bene, tuttavia, che al di là dell’accezione virulenta di una simile
espressione, e contrariamente a quanto qualcuno ha provato ad insinuare, il
Movimento Culturale Spiragli non ha mai
espresso la propria posizione o condotto le proprie azioni in contrasto alla
proprietà della cava.
La nostra non è una
battaglia contro un nemico; la nostra è una battaglia contro una cattiva
attitudine morale.
È fermamente radicata
in noi la convinzione che la proprietà privata, così come sancito dal codice
civile e dalla Costituzione, debba
essere tutelata da qualsiasi forma di ingerenza illogica e criminale, e da
qualsiasi sopruso. E senza riserve, senza remore saremmo pronti a mettere a
disposizione la nostra azione e il nostro contributo di idee per denunciare e
contrastare un qualsiasi abuso in tal senso.
Tuttavia, con la
medesima convinzione e determinazione riteniamo che il sacrosanto diritto della
proprietà privata non possa non soccombere al cospetto del supremo valore della
pubblica utilità, poiché se è vero che ogni tutela di un interesse soggettivo,
come quello riconducibile alla proprietà privata, produce indirettamente un
riflesso positivo sulla collettività, è altrettanto vero che la difesa e la
salvaguardia dell’interesse collettivo irradia indistintamente ogni
articolazione della struttura sociale, anche quella più remota, anche quella
più recondita.
L’orgoglio di vivere
in un Paese democratico e la certezza di appartenere ad uno stato di diritto,
rappresentano per noi la garanzia che, attraverso l’applicazione della legge,
entrambi gli interessi, quello privato e quello pubblico, verranno sempre e
comunque tutelati.
Qualora ciò non
dovesse accadere, è evidente che la nostra condizione di cittadini liberi in
uno stato libero, ci imporrebbe di richiamare alle proprie responsabilità
coloro i quali avrebbero dovuto ottemperare ai propri doveri e per varie
ragioni non l’hanno fatto.
Se anche noi,
tacitamente, accondiscendessimo alla diffusa consuetudine secondo la quale
talune violazioni della legge sono accettabili e tollerabili, allora tutti
diverremmo complici di quella medesima violazione e responsabili dei danni che
da essa deriverebbero.
Se in uno stato di diritto,
lo Stato rinuncia ad applicare la legge, o, ciò che è ancor peggio, la applica
con discriminazione, i cittadini hanno il dovere morale di esigere che venga
ristabilito il principio di equità della legge stessa.
Se in uno stato di
diritto, lo Stato permette che un patrimonio dell’Umanità come Cava Pontrelli
versi in uno stato di abbandono e di degrado, perché nessuna azione di
salvaguardia, di conservazione e di tutela è stata posta a baluardo di quel
patrimonio di incommensurabile valore, i cittadini hanno il dovere morale di
urlare che quello altro non è che un crimine contro l’Umanità, contro la storia
del nostro Pianeta.
Non è tollerabile che
l’uomo distrugga in poco più di due lustri ciò che la Natura aveva saputo
preservare per più di settanta milioni di anni.
Oggi, ciascuno dei
partecipanti a questo convegno dovrebbe prendere la parola animato da uno
spirito di rinnovamento e di discontinuità dal passato, e dalla convinzione che
aderendo senza riserve alla logica del Bene Comune non potremo che essere tutti
insieme protagonisti di uno storico risultato: restituire a Cava Pontrelli la
sua dignità, la sua ragion d’essere, per restituire Cava Pontrelli al Mondo
intero, a tutta l’Umanità.