Siamo persuasi che non dobbiamo attendere risposte dalle amministrazioni pubbliche, siano esse destrorse o sinistrorse. Al contrario, dobbiamo essere propositivi ed evidenti; fondare la nostra ragion d'essere sulla inconfutabile utilità morale della Cultura.

martedì 11 dicembre 2012

Manifesto ufficiale del Movimento Culturale Spiragli "Cava Pontrelli, le ragioni di un'attesa", Altamura, 10/12/2012



Mi chiamo Eufemia Abbiuso, ma potrei chiamarmi Salvatore Cannito, o Chiara D’Ambrosio, oppure Tommaso Pignatelli, o ancora Stefano Lorusso, e la sostanza di quello che sono non cambierebbe, perché io sono il mio sogno; un sogno comune a tutti quelli che fanno parte del Movimento Culturale Spiragli: che un giorno, non troppo lontano, Altamura diventi e sia universalmente riconosciuta come la città della Cultura.
Il nostro territorio ha tutti i requisiti per poter nutrire legittimamente una simile aspirazione; il nostro passato, la nostra storia, anche quella più recente, soprattutto quella più recente, ci insegnano come l’adesione totale, incondizionata a certi ideali possa condurre gli uomini anche a compiere gesti estremi per lanciare un ponte di speranza verso il futuro.
Senza la presenza, qui, dell’Università degli Studi non avremmo probabilmente avuto il nostro 1799. Non avremmo dato stoicamente il nostro contributo a quello che fu in seguito il risorgimento italiano e il processo di unificazione del nostro Paese.
Non sarebbe divenuta Altamura, dopo Brescia, la seconda Leonessa d’Italia.
La Cultura rende gli uomini liberi, favorisce lo sviluppo di una coscienza critica, di una autodeterminazione che porta ogni singolo individuo, nel rispetto delle regole,  a prendere decisioni in piena autonomia senza temere alcun tipo di coercizione, né morale, né di autorità, né di sistema.
La Cultura ci permette di riconoscere la Bellezza e ci anima dello spirito necessario a difenderla strenuamente dagli attacchi di chi, abbacinato dal materialismo più becero, non coglie la preziosità dei cosiddetti contributi immateriali: quelli che possono darci la contemplazione di un quadro, l’ascolto assorto di un’opera musicale, la visione di un film, la partecipazione rapita ad un’opera teatrale, la lettura meditata di un libro.
La Cultura è un risultato; la diretta conseguenza di una serie di processi per attivare i quali è necessario utilizzare gli strumenti che l’Arte, in tutte le sue declinazioni, mette a nostra disposizione.
È a quel risultato che noi dobbiamo ambire, poiché quel risultato ne genererà altri, come in una reazione a catena: uno su tutti l’intollerabilità della bruttezza, dell’ingiustizia, del sopruso.
Siamo convinti che l’unico modo possibile per rifondare radicalmente questa società è quello di puntare tutte le nostre risorse, tutte le nostre energie sulla Cultura. Il che non vuol dire solo piantare dei semi nella speranza che essi attecchiscano per poi fiorire. Cultura, infatti, vuol dire anche abitare responsabilmente un luogo, e ciò implica che l’uomo di Cultura non possa non assumersi la responsabilità di cambiare le sorti del “luogo in cui vive”, anche se tale assunzione di responsabilità comporta inevitabilmente dei rischi, perché per cambiare le cose non si può evitare lo scontro con i poteri forti che hanno invece interesse acché gli equilibri restino imperturbati.
È in quest’ottica, in quest’ultima accezione di Cultura che è nitidamente comprensibile e riconducibile l’operato di Spiragli e la battaglia che il nostro movimento culturale porta avanti da quasi due anni. Perché in un contesto illuminato dal sole altissimo della Cultura, mai e poi mai si sarebbe chiamato problema ciò che in qualsiasi altra parte del mondo avrebbero chiamato opportunità. Mai e giammai si sarebbe permesso che il sito paleontologico più importante d’Europa restasse abbandonato in uno stato di degrado.
In un contesto illuminato dal sole altissimo della Cultura tutti, dai governatori della Città agli imprenditori, dai professionisti agli operai, dalle massaie agli impiegati delle poste, avrebbero avuto la visione chiara, ineccepibile, inequivocabile della rivoluzione economica e sociale che avrebbe potuto rappresentare Cava Pontrelli. Una rivoluzione che avrebbe prodotto un benessere generale, largamente diffuso, contrariamente all’attuale, eccessiva concentrazione di ricchezza nelle tasche di pochi a discapito di tanti.
Usavamo prima il termine “battaglia” per riassumere il nostro impegno per Cava Pontrelli. Si badi bene, tuttavia, che al di là dell’accezione virulenta di una simile espressione, e contrariamente a quanto qualcuno ha provato ad insinuare, il Movimento Culturale Spiragli  non ha mai espresso la propria posizione o condotto le proprie azioni in contrasto alla proprietà della cava.
La nostra non è una battaglia contro un nemico; la nostra è una battaglia contro una cattiva attitudine morale.
È fermamente radicata in noi la convinzione che la proprietà privata, così come sancito dal codice civile e dalla  Costituzione, debba essere tutelata da qualsiasi forma di ingerenza illogica e criminale, e da qualsiasi sopruso. E senza riserve, senza remore saremmo pronti a mettere a disposizione la nostra azione e il nostro contributo di idee per denunciare e contrastare un qualsiasi abuso in tal senso.
Tuttavia, con la medesima convinzione e determinazione riteniamo che il sacrosanto diritto della proprietà privata non possa non soccombere al cospetto del supremo valore della pubblica utilità, poiché se è vero che ogni tutela di un interesse soggettivo, come quello riconducibile alla proprietà privata, produce indirettamente un riflesso positivo sulla collettività, è altrettanto vero che la difesa e la salvaguardia dell’interesse collettivo irradia indistintamente ogni articolazione della struttura sociale, anche quella più remota, anche quella più recondita.
L’orgoglio di vivere in un Paese democratico e la certezza di appartenere ad uno stato di diritto, rappresentano per noi la garanzia che, attraverso l’applicazione della legge, entrambi gli interessi, quello privato e quello pubblico, verranno sempre e comunque tutelati.
Qualora ciò non dovesse accadere, è evidente che la nostra condizione di cittadini liberi in uno stato libero, ci imporrebbe di richiamare alle proprie responsabilità coloro i quali avrebbero dovuto ottemperare ai propri doveri e per varie ragioni non l’hanno fatto.
Se anche noi, tacitamente, accondiscendessimo alla diffusa consuetudine secondo la quale talune violazioni della legge sono accettabili e tollerabili, allora tutti diverremmo complici di quella medesima violazione e responsabili dei danni che da essa deriverebbero.
Se in uno stato di diritto, lo Stato rinuncia ad applicare la legge, o, ciò che è ancor peggio, la applica con discriminazione, i cittadini hanno il dovere morale di esigere che venga ristabilito il principio di equità della legge stessa.
Se in uno stato di diritto, lo Stato permette che un patrimonio dell’Umanità come Cava Pontrelli versi in uno stato di abbandono e di degrado, perché nessuna azione di salvaguardia, di conservazione e di tutela è stata posta a baluardo di quel patrimonio di incommensurabile valore, i cittadini hanno il dovere morale di urlare che quello altro non è che un crimine contro l’Umanità, contro la storia del nostro Pianeta.
Non è tollerabile che l’uomo distrugga in poco più di due lustri ciò che la Natura aveva saputo preservare per più di settanta milioni di anni.
Oggi, ciascuno dei partecipanti a questo convegno dovrebbe prendere la parola animato da uno spirito di rinnovamento e di discontinuità dal passato, e dalla convinzione che aderendo senza riserve alla logica del Bene Comune non potremo che essere tutti insieme protagonisti di uno storico risultato: restituire a Cava Pontrelli la sua dignità, la sua ragion d’essere, per restituire Cava Pontrelli al Mondo intero, a tutta l’Umanità.

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